Categoria: RACCONTI EROTICI18,4 minuti di lettura

Lo sconosciuto del bar

Arrivai al bar della spiaggia del resort intorno a mezzanotte. Il locale era quasi del tutto vuoto ma, nei complessi turistici super lusso come quello, la disponibilità alcolica doveva essere garantita anche così a tarda ora. Era una coccola doverosa verso i clienti che decidevano di soggiornare nel complesso elargendo laute mance. Mi avvicinai al bancone senza dare troppo peso al sorriso forzato che mi rivolse il barista. Poverino, pensai tra me e me, credeva di aver quasi finito ed invece eccomi lì. Ho sempre pensato a quanto dovesse essere difficile per un barman, riuscire a mantenere la stessa professionalità, la stessa predisposizione al sorriso e all’ascolto, con chiunque e per un tempo lavorativo così lungo.

“Salve – gli dissi con tono sommesso – vorrei un cosmopolitan per favore”. In meno di due minuti il mio nuovo amico adagiò il bicchiere sul banco, insieme ad una ciotolina con le arachidi.
Quella sera ero maledettamente incazzata, ed avevo voglia di affogare nell’alcool i dispiaceri della mia vita.

La scoperta della verità

Mi trovavo in vacanza col mio ragazzo in quel fantastico villaggio cubano a cinque stelle, erano anni che sognavamo di fare quel viaggio, ma, proprio qualche ora prima, io e Fabio avevamo rotto. Se l’era meritato il bastardo. Subito dopo cena, infatti, lui si era allontanato in fretta dal tavolo chiedendomi di avviarmi verso l’anfiteatro. Mi disse con tono sofferente: “Sarà stato qualcosa che ho mangiato tesoro, ma ho un forte mal di pancia. Forse è meglio se salgo in camera e mi stendo mezz’ora sul letto. Tu però goditi lo spettacolo, ti raggiungerò tra non molto”. E così feci, ingenuamente, dando per vere le sue parole.

Dispiaciuta, mi avviai verso il piccolo teatro del villaggio. Mentre applaudivo distrattamente i ballerini cubani il mio pensiero continuava ad andare a Fabio, “chissà come si sente il mio amore, forse è il caso che vada a sincerarmi delle sue condizioni”, pensai. Decisi così di fare un salto in camera.

Quando arrivai fuori la nostra stanza notai con sorpresa che la porta era socchiusa. Quello che vidi non appena la spalancai mi colpì allo stomaco come un pugno. Fabio era di spalle e, adagiata a pecorina sul comodino vicino al letto, c’era Soledad, la cameriera che da ormai una settimana ci sistemava la camera ogni giorno. I suoi seni prosperosi ballonzolavano avanti e indietro mentre il mio uomo la cavalcava con foga. Poggiati sul comodino, in bella mostra, c’erano cinquanta euro. Che porco, che stronzo, che viscido.

Lanciai un urlo di rabbia straziante.

Fabio si voltò di colpo e mi vide in piedi sul ciglio della porta, con le mani davanti agli occhi in preda ad una crisi isterica. “Amore aspetta, non è come pensi. Posso spiegarti tutto”. I miei occhi si riempirono di lacrime per la rabbia: “Non hai niente da spiegarmi, stronzo. Tu i miei occhi non li vedrai più. Anzi, sai cosa faccio adesso? Adesso me ne vado da qui e mi scopo il primo che capita. Non seguirmi Fabio, lasciami perdere”. Chiusi la porta con forza e me ne andai a passo svelto, vagando per il villaggio senza nessuna meta. Lui preferì non seguirmi. Sapeva che avrei dovuto sbollire la collera e che in quel momento avrei potuto ammazzarlo davvero.

“Va tutto bene signorina? Vuole che gliene prepari un altro?”.

Bere con uno sconosciuto - racconto erotico

Lo sconosciuto del bar

La voce del barman mi riportò alla realtà. Mi resi conto di aver letteralmente svuotato il bicchiere mentre ero assorta nei miei pensieri. “Si, grazie. E, se fosse possibile, lo faccia più forte”. Me lo servì in un minuto ed io lo mandai giù in un sol sorso. Cominciavo a sentirmi ubriaca ma questo non mi impedì di ordinare il terzo e il quarto drink.

Ad un tratto il barman mi afferrò la mano. Lo guardai sconcertata, ormai ero brilla e quel suo gesto mi infastidì non poco. Sembrò capire il mio dissenso perché mi lasciò subito la mano e si affrettò a dire in un perfetto italiano: “Signorina, scusi se mi permetto. Posso chiederle perché una ragazza graziosa come lei è tutta sola, in piena notte, a bere così tanti drink? So che la cosa non mi riguarda, ma, sappia che se ha voglia di sfogarsi con me può farlo”.

Fino a quel momento, causa la mia stessa disperazione, non l’avevo nemmeno guardato in faccia. Alzai la testa dal bicchiere e lo fissai attentamente. Cavolo, com’era bello quel ragazzo. Aveva la pelle scura, era alto, prestante fisicamente e, soprattutto, aveva lo sguardo da duro e un sorriso davvero affascinante. “Non male il barista, guarda un po’ che bel bocconcino cubano” pensai tra me e me.

La rabbia verso Fabio, l’alcool ormai in circolo e la visione di tutta quella virile abbondanza fecero il resto: “Sono Silvia – gli dissi porgendogli la mano- molto piacere. In realtà non sono sola in questo posto, ma è come se lo fossi. Perché bevo così tanto mi chiedi? Perché ho rotto col mio ragazzo, ho trovato quel porco a scopare con la donna delle pulizie. E a pagamento per giunta. Non è un buon motivo per bere secondo te? Io non voglio più vederlo quello stronzo, lo odio”.

Lui sospirò, forse un po’ troppo teatralmente, poi accennò un sorriso e disse: “Ciao Silvia, io sono Carlos. Mi dispiace per quello che ti è successo ma, dai, prova a tirarti su. In quale coppia non è mai capitata una scappatella? Voi italiani siete troppo possessivi. Occhio per occhio, dente per dente… È così che ci consoliamo quando soffriamo per amore noi cubani…”.

Le sue parole ebbero davvero un effetto benefico su di me e, soprattutto, cominciarono seriamente a farmi pregustare il sapore della vendetta. Mi guardai intorno, eravamo completamente soli ormai. Anche gli ultimi coraggiosi “alcolisti” avevano lasciato la spiaggia e, la luna, il rumore del mare e l’oscurità rendevano quel posto tremendamente suggestivo. Decisi di lasciarmi andare. Al diavolo Fabio e la sua infedeltà, probabilmente, vista la distanza da casa e l’angolo di mondo in cui ci trovavamo, avrei finito per perdonarlo comunque. Tanto valeva ricambiare prima con la stessa moneta almeno.

Così, ormai offuscata da tutti quei Cosmopolitan, mi avvicinai al bancone poggiando platealmente le mie tette su di esso, poi gli mostrai il sorriso più innocente che avevo e gli dissi: “Sai Carlos, questo detto vale anche per noi italiani. Il problema però è trovare qualcuno disposto ad aiutarmi qui… in questo momento…”. Carlos non si sorprese affatto, sono convinta che un uomo navigato come lui sapesse sin dal secondo cocktail dove saremmo andati a finire. Mi sorrise malizioso, avvicino la bocca al mio orecchio e mi disse nel suo spagnolo così eccitante: “Estoy aquì mi amor”.

Mi fece passare dal retro ed entrai nel piccolo chiringuito. Ci baciammo con passione appoggiati alla porta del bagno. La sua lingua mi entrò completamente in bocca mentre le sue mani esperte e focose toccavano ogni punto del mio corpo. Io non fui da meno. Tutto quell’alcool mi aveva trasformato in una bomba erotica pronta per esplodere, ero eccitatissima. Misi le mani dentro il suo bermuda largo e cominciai ad accarezzare sapientemente il suo grosso cazzo.

La vendetta

Proprio mentre stavo per tirarlo fuori fummo interrotti dal vocio di una banda di ragazzini che si avvicinava al bar. “Mettiti giù – mi disse Carlos- se si viene a sapere una cosa del genere perdo il lavoro”. Andai giù a terra sotto al bancone, intrufolandomi nell’unico anfratto vuoto disponibile, mentre Carlos si ricomponeva per accogliere i turisti. Questi si sedettero sugli alti sgabelli in legno accostati vicino al banco del bar e ordinarono quattro Margarita. Che situazione. Carlos preparava i drink con finta tranquillità mentre le sue gambe mi barricavano all’interno del mio cunicolo nascondendomi dai turisti. Non volli saperne di aspettare oltre. Ero troppo ubriaca e, soprattutto, arrapata.

Così, mentre lui si districava tra tequila e lime, gli abbassai il pantaloncino e, senza ulteriori fronzoli, glielo presi tutto in bocca. Cominciai a succhiarglielo con foga e passione mentre lui riusciva a stento a coprire i gemiti di piacere e a mantenere un certo aplomb di facciata davanti ai turisti. Gli presi entrambe le palle in bocca e con la mano cominciai a masturbare il suo uccello di nascosto, inginocchiata sotto al bar. Lui abbassò il collo della bottiglia verso di me e cominciò ad inondare il mio corpo e la mia bocca di tequila.

Capii che Carlos stava per esplodere quando gli sentii dire agli scocciatori: “Bene signori, ecco i vostri Margarita. Ora, se volete scusarmi, devo chiudere il bar per l’inventario. Accomodatevi in spiaggia, qui c’è una bottiglia di tequila per voi. Servitevi pure da soli, non ci metterò molto ad aprire di nuovo”.

Donna che si ubriaca al bar

Pensai che fosse impazzito. Non poteva decidere autonomamente di chiudere il bar e, se il gruppetto si fosse lamentato, avrebbero potute esserci delle conseguenze serie per lui. Fortunatamente però i ragazzini volevano solo fare baldoria e, soddisfatti dalla bottiglia omaggio, si allontanarono barcollando verso le sdraio. Carlos tirò giù in fretta le tendine di vimini che circondavano il bar e in pochi secondi fummo completamente coperti. Mi tirò su da terra con decisione, poi cominciò a spogliarmi con rabbia. Via la maglia, via gli shorts, via il reggiseno e le mutandine.

Mi ritrovai completamente nuda di fronte a lui. Il mio uomo sconosciuto si mise seduto sulla sedia, mi prese per le mani e mi invitò con decisione a salire su di lui. Mi sembrò di sentirlo in tutto il corpo. Mi muoveva come un ascensore fuori controllo, dosando con destrezza l’intensità di ogni colpo. Gli venni copiosamente sulle gambe. Lui mi guardò soddisfatto, era felice per mia esplosione ma si vedeva che era ancora affamato. Voleva continuare a scoparmi e glielo lasciai fare.

Mi mise a pecora sul frigo dei gelati e cominciò a sbattermelo nel culo mentre con le dita esplorava ogni angolo della mia bocca. Che goduria, il dolore mi eccitava ancora di più e non riuscivo a stare zitta nonostante le sue mani mi coprissero la bocca. Carlos mi sfiancò ancora per qualche minuto e poi mi venne abbondantemente sul culo, lasciandomi colare tutto il suo seme fino alle caviglie. Ci rivestimmo in silenzio, senza guardarci né scambiarci alcuna effusione. Dopotutto era per entrambi una mera questione di sesso.

L’unica cosa che mi disse, una volta riaperto anche il bar, fu: “Adesso potrai perdonare il tuo uomo, Silvia. Lui non ha veramente idea di cosa sei capace…”.

Tornai in camera che ormai albeggiava. Fabio era seduto al balconcino e fumava una sigaretta. Mi guardò colpevole mentre, ancora un po’ zoppicante, mi avvicinavo al tavolino. “Scusami amore, non so cosa mi abbia preso. Non succederà mai più, te lo giuro. Perdonami Silvia, ti prego”. Gli misi un dito davanti alla bocca e lo zittii. “È tutto finito amore – gli dissi sorridendo- voglio superare questa cosa insieme a te. Ma ricorda solo una cosa: non dimenticherò mai quello che è successo stanotte…”.

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